Il racconto che descrive la storia di Tönle Bintarn non poteva che nascere da Mario Rigoni Stern; Tönle è la memoria storica dell’autore: delle sue origini, dei suoi antenati, di un mondo ormai lontano che l’evento della Grande guerra ha cercato di distruggere.

La vicenda si snoda attraverso gli ultimi anni dell’impero austro-ungarico, tra le contrade appartenenti a Francesco Giuseppe, presso le montagne di Asiago. La vita era dura, il contrabbando un mestiere antico come il mondo, così come antiche sono la fatica, la fame, la povertà della gente di montagna.

Tönle Bintard è l’emblema della libertà, è la radice ancestrale che lega l’uomo alla natura, ai suoi monti, alle sue abitudini, alle stagioni della vita, agli autunni dal rosso pastello delle foglie, agli inverni silenziosi, al fumo odoroso della legna nel camino.

Queste sensazioni accompagneranno passo dopo passo l’esilio di Tönle attraverso il mondo, dopo il ferimento di una guardia della Regia Finanza. Ed è nel mondo che, guadagnandosi con diversi lavori un pezzo di pane di segale, lardo affumicato e formaggio, il Tönle custodisce dentro di sé la traccia delle proprie radici: il ciliegio selvaggio cresciuto sul tetto di casa sua. Neppure lo scoppio della guerra, il lampeggiare dei cannoni, l’incomprensibile mattanza tra gente delle stesse condizioni, l’esodo di vecchi, donne e bambini dalla loro terra d’origine, riusciranno a cancellare il suo mondo antico, il suo gregge, la sua pipa, i suoi prati erbosi, le sue bianche vette.

L’ostinata caparbietà a rimanere ancorato agli odori amichevoli, alle notti autunnali, gli consentirà di sopravvivere anche nel campo di concentramento di Katzenau e a scorgervi la neve sulle montagne ad ovest di Linz. La sua forza interiore lo porterà a imboccare la strada dei pastori, poco lontano da Cittadella, lungo un viaggio di ritorno alle proprie origini. ma è costretto a incrociare le trincee italiane: da un osservatorio i militari gli fanno vedere il paese, ormai completamente distrutto. “Subito Tonle vide che non c’era il ciliegio sul tetto, e nemmeno un tetto, e i muri sbrecciati e anneriti, e l’orto sul davanti sconvolto da profonde buche che in superficie al posto della terra nera e grassa avevano riportato i sassi bianchi come ossa: “Questa non è la mia casa”, pensò. Ma poi continuando a guardare in silenzio e vedendo il Moor dietro e i ruderi delle altre case della contrada, e i campetti a terrazzo, e il Grabo e i resti del Prunelle davanti, capì che tutto quello era stato”

Mario Rigoni Stern ha seminato in questo racconto un pezzo della sua anima antica, la forza del Ricordo, in un intreccio tra gente comune, fatica e gioia di vivere in simbiosi con la natura, dove le vicende storiche della grande guerra si insinuano nel fitto del bosco, fra le prime luci dell’alba, nel silenzio cristallino della neve d’inverno.

La verità che ne scaturisce ha origini lontane, passa attraverso i secoli, resiste all’egoismo dell’uomo, esalta la natura e diventa un messaggio immortale per le generazioni future.

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