Andiamo all’estero. Per duecento metri sconfiniamo a Gardigiano (o Peseggia?). Il nostro archeo manufatto non appartiene a Mogliano purtroppo, ma da ragazzini più di una volta l’abbiamo occupato militarmente (fionde), senza peraltro trovare eccessiva resistenza negli scorzetani (ma come si fa a chiamarsi così?).

Scrivo della motta Buffetto, mistero misterioso ignorato dei più ma indagato da archeologi, studiosi e strambi vari. Un inspiegabile dosso alto una ventina di metri nella piattissima pianura, adesso avvolto dalle fronde degli alberi che ne nascondono in parte il profilo. Basta però avvicinarsi e si vede tra le sterpaglie il rilievo netto, abbastanza ripido per giunta.

Sempre da ragazzini lo usavamo come immaginario baluardo o come discesa ardita per le nostre biciclettine con lo scatto fisso. Uno di noi, diventato poi assessore si cappottò e si piantò un freno nel polpaccio. Tamponammo la ferita con i fazzoletti da naso (sporchi) che risciacquati nel fosso vicino, riuscì a sopravvivere. Adesso se avete la possibilità di vederlo nudo (ehm) vi mostrerà orgoglioso la cicatrice.

La motta Buffetto era l’unica inspiegabile collinetta di tutto il circondario e un tempo la si distingueva nettamente da distante e tutti la rispettavano e anzi ognuno aveva una storia da raccontare. Vinceva la teoria del tesoro, andava molto quello di Attila che deve averne avuti parecchi di tesori o aveva strane manie da talpa perché ne troviamo molti nel nord-est. Andava anche, e questa ci piaceva, quella di un rialzo fatto dai tedeschi per una batteria contraerea. A me, che era un bravo ragazzo, piaceva molto l’idea di un piccolo vulcano spento che però si sarebbe svegliato e ci avrebbe incenerito tutti.

Trascorrono gli anni, la motta era sempre là, ci passavo sotto ogni tanto e la salutavo amichevolmente in quel bel tratto di campagna benedetta da un fiume vicino.

E qua ci sta bene il classico colpo di scena.

Conosco un falegname di Scorzè (… uno scorzetano) e invece di parlare di pialle andiamo diretti sull’archeologia anzi sull’archeoastronomia. Mi mostra i suoi appunti confusi. Puntini e sottolineature sulle cartine IGM. Ritrovo ben cerchiata la motta Buffetto. Ecco lui con un righello in mano mi mostra una linea che va verso ovest e, teatrale, mi fa sedere e mi comunica la grande scoperta. Ogni 7,8 km c’è un’altra Motta ed era una linea regolare che andava verso un punto preciso! Un allineamento preistorico! Una Stonehenge di casa nostra!

Vorace memorizzo i nomi delle altre motte, ci vado, fotografo, leggo tutto quello che trovo…Era verissimo! Di qualche motta magari rimaneva solo una fotografia sbiadita o un toponimo, località Motte, via Motta e avanti così. Trovo dei riscontri. Motta Buffetto era una delle poche emergenze dell’età del bronzo. Ero molto fiero di essere uno dei pochi a saperlo. Poi come tutti gli amori, finì e me ne dimenticai.

Più tardi vengo a sapere che la montagnola era stata studiata e che addirittura avevano fatto deviare il passante autostradale per non abbatterla: le teorie astrotutto non erano poi così astr…use.

Così ho ripreso a informarmi sulle funzioni della motta. Dubbi. Forse poteva essere una specie di torre di terra (bel nome) a difesa di un villaggio sottostante. C’è qualcosa di simile a Castelminio vicino a Castelfranco, una specie di terrapieno arginato con una collinetta a difesa. Ricordiamoci che dappertutto era foresta e quindi bisognava salire per vedere il nemico o l’amico in arrivo. Poi leggo, ma ci credo poco, che queste collinette servivano come fornaci perché avevano più aria, più vento per alimentare il fuoco e fondere il metallo. Mi sa da film. E se prosaicamente fosse solo una ghiacciaia per una villa magari scomparsa dove, con la neve e con il ghiaccio i nobili conservavano le prelibatezze anche nei mesi caldi? In fin dei conti non lontano ce n’è una anche a villa Guidini a Zero Branco e un’altra a villa Conestabile a Scorzè. E se invece fosse solo terra di riporto quando hanno rettificato e raddrizzato lo Zero là vicino? Mah… Continuo, comunque, ad essere affezionato alla teoria dell’allineamento solare e immagino riti magici per propiziare il ritorno del sole nell’angoscioso e buio inverno.

Un mesetto fa ci salgo, arranco, arrivo in cima ma non vedo un accidente, troppi alberi. Sulla sommità, quasi piana, scorgo però resti di fazzolettini di carta e un brandello di reggiseno. Altri riti.

Otello Bison
Otello Bison scrive a tempo pieno dividendosi tra narrativa e divulgazione storica. Collabora al “ILDIARIOONLINE.IT” su temi ambientali e locali.

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