Martedì mattina devo fare un’intervista al dirigente del Consorzio delle Risorgive sulla questione dell’accessibilità degli argini. Sono molto documentato e motivato. Verso le otto e mezzo telefonino, un signore molto gentile mi avverte che l’intervista è rinviata perché hanno avuto un’emergenza. A causa della pioggia, beh in effetti per tutta la notte l’avevo sentita battere forte sul tetto, c’era stato un cedimento dell’argine e proprio in quel momento stavano rimediando. Non mi trattengo e gli carpisco informazioni preziose. -Sullo Zero, vicino al Rusteghin – due metri- per fortuna vasche di laminazione – scavatore – tranquilli- tutto bene- le nutrie-succede spesso- telefoniamo noi prossimo appuntamento. Ricostruisco il senso della comunicazione, alle otto del mattino non sono granché, e rimetto a posto le sequenze. Una pioggia abbondante ma non catastrofica, un argine che cede per più metri, una casualità fortunata perché proprio là, nella breccia, ci sono quelle vascone vicino alla grande rotonda per Zero Branco e Scorzè, un intervento tempestivo ed efficace e la parola “nutrie” buttata là così.
Breve storia delle nutrie. Intanto è un roditore, niente a che fare con i ratti anche se quella brutta coda può farlo sembrare tale. Originario del Sud America lo troviamo qui dalle nostre parti per colpa di mia zia Gina.
Breve storia di mia zia Gina. Mia zia era una specie di Miss Preganziol degli anni ‘60 e indossava, dieci mesi all’anno, una fascinosa pelliccia di castorino con cui faceva girare la testa ai giovanotti delle contrade.

Il castoro non c’entrava niente, era pelliccia di nutria a tal uopo allevata. Poi la moda decadde, anche mia zia, e tutti questi allevamenti furono dismessi ma qualche bello e robusto roditore si ambientò bene nei nostri fiumi e paludi. Anche troppo bene perché adesso ce ne sono parecchi milioni solo nella Pianura Padana.

È un animale erbivoro e si costruisce la tana scavando degli intricati cunicoli, anche quindici metri, proprio vicino all’acqua e vicino alle prelibate piantine.

Insomma, negli argini.

E quindi, scava oggi e scava domani, ecco quello che è successo secondo il mio consortile e gentile interlocutore telefonico.
Nel pomeriggio prendo le bici, la macchina fotografica e vado dubbioso in zona. Beh, sì vicino al crollo vedo parecchie scie nell’erba, passaggio delle nutrie, che terminano o salgono dall’acqua. Interessante.

A casa clicco compulsivamente su Wiki e compagnia e trovo anche un assessore provinciale che illustra delle ricette sul come cucinare le nutrie “sa di coniglio…”.
Breve storia di un’intervista mancata. Non mi hanno ancora ritelefonato, intanto studio regolamenti e disposizioni del decreto sugli argini. Però sono perplesso, è un Regio decreto del 1904.

Ieri praticamente…

Otello Bison
Otello Bison scrive a tempo pieno dividendosi tra narrativa e divulgazione storica. Collabora al “ILDIARIOONLINE.IT” su temi ambientali e locali.

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