È una domanda che molti si pongono, spesso – forse troppo spesso! – in maniera retorica, magari con un malcelato fastidio per chi parla di diritto alla privacy come una delle colonne portanti nel mondo interconnesso. Proviamo a capire allora chi siamo noi li dentro.

Chi ha un sito internet normalmente utilizza strumenti software che permettono di analizzare il traffico che vi si sviluppa attorno. Se ce l’ho per comunicare vedrò di capire chi mi legge, se per vendere chi può essere interessato ai miei prodotti. Se poi questo sito diviene centrale dal punto di vista economico, interesserà sapere chi ci arriva, cosa guarda, chi e come finalizza l’acquisto (o il contatto) ed avere un quadro quanto più possibile chiaro del comportamento dei nostri utenti in modo da poter adeguare il sito incrementandone la resa. Tutte cose sacrosante: anche chi ha un negozio si comporta allo stesso modo.

Tutti i sistemi che permettono di farlo offrono alcune informazioni che sono pubbliche (anche se non sempre ovvie).

Di ciascun utente è registrato l’indirizzo IP (il codice che lo identifica temporaneamente in rete) e da questo posso ricavare quantomeno chi è il suo provider internet (azienda di telefonia a cui è abbonato) ed l’area geografica di provenienza con una certa approssimazione.

Quando attiva la comunicazione con il server che pubblica il mio sito (si: è bidirezionale, sembra che sia come leggere un libro, ma in realtà sono due sistemi che si parlano tra loro!) gli dirà che sistema operativo usa, quale browser (versioni comprese), la risoluzione dello schermo, la lingua impostata, dove ha cliccato per essere portato al mio sito (a meno che non abbia messo manualmente l’indirizzo nella barra di navigazione) e se accetta di ricevere ed eseguire alcune componenti: i cosiddetti cookies e del codice software (JavaScript) utilizzato per aumentare l’interattività del sito. Ovviamente tutte queste informazioni possono essere registrate, anzi: lo saranno sempre se uso un qualsiasi sistema di analisi del traffico.

Oltre a questo terrò traccia del comportamento dell’utente sul mio sito. In quale pagina ha iniziato, dove si è spostato, quanto tempo ha visualizzato ciascuna pagine e/o il sito nel complesso, da quale pagina è andato via.

Tutte informazioni pubbliche, liberamente accessibili e registrabili e che non violano in alcun modo la privacy dei visitatori. Posso utilizzarle a mio piacimento ed anche condividerle se voglio, rendendole pubbliche ed accessibili a chiunque (ad eccezione dell’indirizzo IP).

Se invece di usare un software di tracciamento installato direttamente nel mio sito, uso uno di quelli forniti dall’esterno (ad esempio Google Analytics, ma ce ne sono molti altri forniti da altre aziende) oltre a tutte queste informazioni ovvie posso averne di aggiuntive, fornite dalla piattaforma. Queste mi verranno date solo in termini statistici (non collegati al singolo utente), ma non per rispetto per gli utenti, ma per il semplice fatto che è su queste informazioni che Google basa la distribuzione della pubblicità, che è la sua principale fonte di guadagno.

Categorie di utenti secondo GoogleIo ho un sito che non fa nessuna pubblicità e non ne pubblica (è SusyDiario.it una piattaforma didattica per i bambini della scuola primaria quindi ci metto il massimo impegno in questo senso!) ed uso Analytics per valutazioni puramente statistiche. Nelle immagini potete vedere tabelle fornite dal software con informazioni statistiche sui miei utenti (in gran parte sui loro genitori visto che i bambini useranno il PC di casa).

Guardando le immagini noterete che Google ha informazioni relative a poco meno della metà (il 47,21%) dei miei utenti che sono diverse migliaia visto che il sistema di analisi è attivo da alcuni anni. E per questi è in grado di conoscere la loro principale Categoria di affinità ovvero qual’è il loro interesse principale quando navigano in internet: cibo e cucina, entertainment, hobby e famiglia, ecc. E’ già una bella panoramica!

Ma per il 42,92% degli utenti (qualcuno in meno) è in grado di definire anche un’Altra categoria che permette di classificarli meglio.

Categoria secondaria secondo GooglePoi veniamo al Segmento In-market che viene definito così: “raggiungi gli utenti in base alla loro recente intenzione di acquisto” (https://support.google.com/google-ads/answer/2497941?hl=it) dove scopriamo che se offrissi Dating services (se il mio fosse un sito di appuntamenti…) avrei a disposizione un bel 10,20% di un terzo circa dei miei utenti totali: circa 5 ogni 100.

Ora la cosa così può far ridere, ed è ovvio che non c’è violazione della privacy visto che io, anche se lo volessi, non avrei modo di sapere quale utente appartiene a quali categorie: mi vengono fornite solo informazioni complessive.

Ma quello che non può sfuggire è che per potermi dare queste informazioni complessive, Google le ha in dettaglio per ciascuno degli utenti (di quel 47,20 percento degli utenti) che raggiungono il mio sito. Quindi di XY saprà ad esempio che si interessa principalmente al Beauty/Wellness ma anche agli eventi live per la ricerca di lavoro con una recente propensione per i siti di appuntamenti.

Segmenti in-Market secondo GoogleVi propongo un gioco: provate ad immaginare una persona qualsiasi e combinare a piacere una voce per ciascuna tabella. Quindi immaginatevi che pubblicità potrebbe interessare a questa persona…

Vi sembra poco? Allora vi apro una nuova finestra. Solo se avete un account Google, ovvero usate Gmail e/o un cellulare android, provate ad andare su questa pagina https://adssettings.google.com/ dove potete impostare le vostre preferenze sugli annunci di Google e vedere sommariamente cosa lui sa di voi: vale la pena darci un’occhiata.

Vi prego di notare se lo fate, che Google non fa nessuna distinzione tra le vostre attività al PC o tablet e quelle con lo smartphone, fatto salvo che se siete usi tenere attiva la geo-localizzazione sullo smartphone (è così comodo avere le mappe a portata di mano…) saprà anche dove eravate esattamente quando avete fatto una certa cosa.

Bene: per oggi basta. Nella prossima puntata vedremo di capire un po’ meglio chi raccoglie quali informazioni e quante. Non vorrei che sembrasse che io ce l’ho con Google: uso anch’io Gmail!

Francesco Valotto
Veneziano di nascita (nel ‘61 dell’altro secolo), moglianese d’adozione (da sempre: il ‘64 dell’altro secolo!), con una laurea in Psicologia ed una carriera al limite dell’informatica, mi dedico a talmente tante cose da non riuscire ad elencarle quando me le chiedono, sempre alla ricerca di cosa farò da grande.

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