Siamo abituati a pensare alla privacy sulla base di un nome ed un cognome: i nostri. In altre parole le informazioni che non sono collegate ad un nome non sono relative ad una persona in carne ed ossa: non per nulla si dice anonimo (dal gr. ἀνώνυμος «senza nome», comp. di ἀν- priv. e ὄνομα, ὄνυμα «nome». Vocabolario Treccani). E dunque quando la discussione verte sulla tutela dei dati in rete, l’argomentazione con cui gli strenui difensori dell’utilizzo irresponsabile ritengono di concluderla a vantaggio della loro tesi è (quasi sempre) “Tanto io uso uno pseudonimo!”.

Solo che l’utilizzo di un nome è comodo per la nostra memoria, addestrata a trattare parole, ma non lo è affatto per un sistema informatico che preferisce di gran lunga una informazione di tipo numerico, che abbia come condizione intrinseca l’unicità: non ce ne siano due uguali. Ad esempio il numero di telefono, combinato con la nazione, è un’informazione di questo genere. Moltissimi sistemi informatici la richiedono: il motivo in genere è la cosiddetta autenticazione a due fattori. Spesso siamo restii a darla, ma per il motivo sbagliato: noi temiamo di essere chiamati da petulanti televenditori, cosa che tendenzialmente non accadrà: il sistema ce la chiede per avere un perno univoco attorno al quale far ruotare tutte le informazioni che ci riguardano.

Non l’avete registrato in rete? Nemmeno quando la posta elettronica (o Facebook, Twitter, Instagram…) vi ha detto che in caso di rischi per la violazione dell’account o di password dimenticata vi invierebbe un codice alfanumerico per confermare che siete proprio voi (autenticazione a due fattori)? Ed allora immagino non utilizziate nemmeno WhatsApp, che funziona solo dallo smartphone (o dal PC purché inquadriate l’apposito QR Code con lo smartphone…), che così per caso rientra nella sfera di  proprietà di Facebook. Ah! Non l’avete lasciato nemmeno per eventuali necessità della consegna quando avete ordinato quell’acquisto su Amazon? E non usate i contatti di Gmail? Nemmeno sul vostro smartphone Android?!

In questo caso siete proprio dei puri difensori della vostra privacy! Però… Vi siete ricordati di dire a tutti i vostri parenti e conoscenti di non registrare il vostro numero? Già più difficile, vero? Nel caso l’avessero fatto – anche solo uno l’avesse fatto! – risiede nel gigantesco cloud di Google nel quale rimarrà anche dopo la (vi auguro distante!) dipartita vostra e della persona che lo ha registrato.

Se poi anche una sola volta avete compilato online un modulo con i vostri dati, potreste accorgervi che la volta successiva il vostro browser (il software che usate per vedere Internet) vi suggerirà i dati corretti per la compilazione. E se utilizzate Chrome (Google Chrome!) ve li suggerirà anche sullo smartphone vero? E vedrete che lo farà anche nel caso nel frattempo cambiaste PC: comodo non dover ripristinare tutte queste informazioni in caso di cambio, no?! Lui le memorizza nel cloud, le associa a me e se io cambio pc o telefono rimangono disponibili (a me e a lui…)

A questo punto direi che possiamo dare per appurato che qualcuno o qualcosa li dietro sa chi siamo; quantomeno è in grado di identificarci, individuarci. Se poi non siete un eremita o un purista, avrete probabilmente un profilo su Facebook: e siamo già a due che ci identificano. Molti poi seguono Twitter (e tre), almeno da quando i politici ne hanno fatto la piattaforma privilegiata per le loro esternazioni. Le foto le mettono su Instagram (e quattro, ma Instagram è di Facebook…) per farle vedere agli amici. Insomma chi è senza peccato scagli la prima pietra.

Ma volendo andare a fondo della questione: cosa sanno tutti loro di chi sia io veramente?! Uso un nickname per Facebook, lo stesso (per comodità…) per Instagram ma uno diverso per Twitter! E’ mai possibile che mi conoscano?! Si: è possibile

Quanto e come inizieremo a vederlo nella prossima puntata di Impronta Digitale.

Francesco Valotto
Veneziano di nascita (nel ‘61 dell’altro secolo), moglianese d’adozione (da sempre: il ‘64 dell’altro secolo!), con una laurea in Psicologia ed una carriera al limite dell’informatica, mi dedico a talmente tante cose da non riuscire ad elencarle quando me le chiedono, sempre alla ricerca di cosa farò da grande.

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here