Continua con la seconda puntata il reportage dall’Ucraina di Christian Eccher
“Non è vero che qui la guerra non si sente. Questo è quello che ci dicono anche i profughi che vengono dall’est dell’Ucraina. Sì, non cadono le bombe, ma sapete quanti soldati della Transcarpazia muoiono ogni giorno al fronte? Abbiamo tantissimi morti, ogni giorno almeno un funerale, in ogni villaggio”, mi dice con le lacrime agli occhi Svetlana, che di mestiere fa la cuccettista.
Le efficientissime ferrovie ucraine, infatti, hanno almeno un impiegato (di solito sono due) su ogni vagone letto. Sono queste persone che rendono il viaggio dei passeggeri confortevole: distribuiscono le lenzuola, portano il tè e il caffè a chi voglia bere, puliscono la toilette e garantiscono anche la sicurezza dei viaggiatori. Svetlana è prossima alla pensione ed è di un villaggio nei pressi di Uzhgorod. “Ci passeremo fra poco”, mi dice, “Te lo mostrerò dal finestrino”. Fedele alla parola data, dopo circa mezz’ora mi raggiunge, si siede sul mio posto letto e mi mostra le case con i tetti di lamiera che si stringono sui versanti di una verde e boscosa collina. “Ecco – dice – quella è la Chiesa, lì dietro c’è casa mia e più in là il cimitero, dove pochi mesi abbiamo seppellito mio figlio”. Svetlana non riesce a trattenere le lacrime: “Igor è andato volontario al fronte.
È tornato in licenza un paio di volte, poi, in un giorno di inizio primavera, è arrivata una telefonata sul telefono fisso. Una voce maschile ha detto di chiamare dal distretto militare, io ho capito subito tutto. “Suo figlio è morto da eroe…” Nei pressi di Zaporizhya, lì è successo, colpito da un drone”. Svetlana fa una pausa, guarda fuori dal finestrino la strada asfaltata stretta fra il bosco e la ferrovia. Il suo villaggio è già scomparso, ormai è dietro la collina. “Pochi giorni dopo è arrivata la bara e abbiamo fatto i funerali. Lavorare mi aiuta a non buttarmi giù – dice Svetlana con lo sguardo serio – mi sento utile, faccio qualcosa per gli altri e quando non ho nulla da fare, guardo fuori dal finestrino e il paesaggio che scorre davanti a me lenisce un po’ il dolore”.
Il treno arriva a Leopoli alle 9 di sera. Scendo dal treno, saluto Svetlana che ricambia frettolosamente perché deve aiutare i passeggeri più anziani a scendere. Il treno proseguirà poi per Kiev.
Strazio senza fine
Leopoli è sempre viva, trafficata; i caffè e le birrerie sono pieni di avventori, i giovani chiacchierano fra loro e i più atletici fanno acrobazie con lo skateboard nel plateau davanti al Teatro dell’Opera. Tre anni fa, durante il mio primo soggiorno in questa città, tre missili russi “Kalibr” avevano distrutto un palazzo di epoca austriaca, un “Hof”, e avevano causato 10 morti e il ferimento di circa 40 persone. L’edificio è stato ricostruito e una lapide ricorda i morti di quella infinita e terribile notte, che io e l’amico giornalista Gigi Donelli ricorderemo per sempre.
La normalità di Leopoli è solo apparente. Nella Chiesa greco-cattolica di Sant’Andrea, ogni giorno si svolgono i funerali militari dei soldati della Galizia – la regione di cui Leopoli è capoluogo – morti al fronte. Ogni mattina, e spesso anche di pomeriggio, lo stesso straziante protocollo: la funzione religiosa in Chiesa, con i parenti, i commilitoni e i cittadini.
Scialbe ragazze con gli occhi gonfi e arrossati portano fiori bianchi sul feretro. Al termine, le bare escono, la banda militare accompagna il corteo fino al carro funebre, i cittadini si inginocchiano e abbassano la testa al passaggio dei defunti. Il corteo di automobili parte, percorre un centinaio di metri e si ferma davanti al Comune, un tipico edificio di epoca austro-ungarica, in stile neo-rinascimentale e con una torre al centro. Dal Comune esce un trombettista che intona un motivo funebre. Le automobili e gli autobus si fermano senza accostarsi, spengono il motore, autisti e passeggeri scendono e si inginocchiano, nonostante la strada sia ancora bagnata. Una nuvola, uno dei tanti cumuli che in questi giorni navigano i cieli ucraini, fa cadere grasse gocce di pioggia. Nessuno apre l’ombrello e tutti rimangono inginocchiati.
Quando il trombettista finisce di suonare, il corteo funebre riparte scortato dalla polizia che, tramite gli altoparlanti posizionati sul tetto delle automobili, invita la popolazione a scostarsi e a omaggiare gli eroi. Che saranno seppelliti di lì a poco nel cimitero di Lychakiv, in una zona esterna al cimitero stesso, in un’area dove prima del 2022 c’era un prato. A ogni mio ritorno a Leopoli, il cimitero diventa più grande. Nel 2023 era composta da due file di tombe. Nel giro di 2 anni è quintuplicato. Visto dalla strada è un insieme di bandiere giallo-blu e nero-rosse (la controversa bandiera di Bandera e del suo esercito). Su ogni tomba, la fotografia del soldato o della soldatessa. I genitori di un ragazzo, ucciso qualche mese fa, siedono sulla panchina che han fatto sistemare davanti alla tomba del figlio e stan lì per ore, con gli occhi che vagano fra la foto del ragazzo, i cumuli in cielo e le case della città, al di là della strada.
Ricordo alcune tombe fin dal mio primo viaggio a Leopoli, mi avevano colpito i ritratti di alcuni ragazzi. Tutte le volte che torno, porgo omaggio a questi morti; anche se non li ho mai conosciuti, mi sembra di essere stato loro amico, forse lo sono stato davvero, in un’altra vita. Alcuni hanno la mia età e, da bambini, avremmo potuto giocare insieme. Questa volta, sulla tomba di Andrey non c’è la moglie, come qualche mese fa, a innaffiare le piante, a sistemare la bandiera che garrisca al vento e che non s’attorcigli sull’asta. Aveva una giacca a vento verde, faceva freddo, le avevo portato due tè, uno l’avevo dato a lei, l’altro l’avevo appoggiato sulla terra marrone della tomba. Non ci eravamo scambiati neanche una parola. La tomba è ben curata, evidentemente la donna è stata qui di recente. Vado via, ho un appuntamento con il professor Yaroslav Hrytsak, il più grande storico ucraino, e poi, subito dopo mezzanotte, mi aspetta il treno per Odessa.
il reportage di Christian Eccher dall’Ucraina continua con la pubblicazione
del terzo articolo il 04/07/2025 dal titolo: Odessa, caffè e controlli
Il primo articolo è stato pubblicato il 30/06/2025: https://www.ildiarioonline.it/2025/06/30/uzhgorod-allombra-delle-tensioni-fra-budapest-e-kiev/