Secondo appuntamento, giovedì 29 maggio 2025 – ore 18 – nella piazzetta Giorgio Gaber a Mogliano Veneto con la rassegna di autori che prende il titolo di Aperitivi narrativi. Protagonista del pomeriggio sarà lo scrittore veneziano Cristiano Dorigo con il suo ultimo, intenso romanzo Acque Alte (Priamo-Meligrana 2024) che verrà intervistato da Luigi Bracciale.
Si potrebbe sostenere, con abusata espressione ma eloquente, che Cristiano Dorigo è veneziano fino al midollo e proprio in questa città caleidoscopica lavora da oltre trent’anni, nel mondo del sociale. Dorigo è un esponente rilevante nel panorama letterario veneto, prolifico sia come narratore che, come curatore di pubblicazioni collettanee, ospite di alcune prestigiose case editrici quali Marsilio, Einaudi, Helvetia, Priamo Meligrana, Mare di Carta, Erickson-Il Margine e Prospero. Nel suo palmares compare la co-ideazione e co-sceneggiatura del corto El Mostro (2015), pluripremiato film d’animazione che descrive la lotta impari di un semplice operaio, contro la contraddizione insita nella realtà chimico industriale allucinante che barattava il pane quotidiano a prezzo della salute: il polo industriale di Porto Marghera.
Acque alte è un romanzo sincero, cui fa da sfondo una Venezia non oleografica ma intimamente avvertibile come parte di una scenografia dell’anima.
Dorigo, scrittore di notevole consapevolezza, immagina una specie di diario, ipotizzando un’acqua alta improvvisa che duri ininterrottamente per sette giorni. Complice di questa scrittura è dunque l’isolamento forzato del protagonista, alter ego dell’autore, segregato dentro il piccolo appartamento veneziano che fu dei propri genitori.
L’autore/protagonista ha un’esperienza sedimentata, come educatore in una comunità speciale; ospiti temporanee sono delle ragazze, sottratte legalmente alle proprie famiglie originarie, perché colpevoli di aver trascinato nel degrado, anche morale, le giovani esistenze: quello che consideriamo il nido protettivo naturale, per talune sfortunate si rivela l’inizio di un inferno da cui si può risorgere, se si è affiancate da persone sensibili. Ma l’esito, purtroppo, non è scontato.
Sette giorni e sette notti sono quelli che servono al protagonista, nel tentativo di ritrovarsi e placare le proprie tensioni irrisolte, riconciliarsi in una dimensione inesplorata di solitudine mentalmente laboriosa, del tutto personale. Infine riconoscerà una persona diversa, guardandosi allo specchio, dopo aver superato la pressione delle assenze dei suoi cari, così forte in quella casa al primo piano, dove si svolsero capitoli pregnanti della sua vita?
Da un lato del cuore riaffiora la propria famiglia e il legame inestinguibile del sangue, in un confronto delicato e sottinteso con le esperienze delle “sue” ragazze: abbinamento automatico, apparentemente singolare. Invece il significato, tutto affettivo, si dipana chiaro nelle pagine. L’accostamento dei propri casi personali alle storie “estranee” delle ragazze conferisce, dunque, un senso di pregevole umanità all’insieme e restituisce una specie di compassione: il professionista sociale dedicato alla vita altrui, che deve mantenere l’aplomb, non cessa per questo di covare un proprio intenso vissuto, fonte di gioie e di squilibri che lo accomuna al destino di altre vite in bilico…