Oggi lo abbiamo lasciato andare in una chiesa gremita di persone che ha ascoltato il ricordo della sua vita in un silenzio assoluto, commosso, partecipato.
Roberto non stava bene anche se era giovane, solo 58 anni.
E nella sua vita aveva avuto incarichi importanti nelle Istituzioni.
Ma il sentimento più forte che sentivi trasparire dalle parole che lo ricordavano, che vedevi negli occhi delle persone che lo raccontavano era “altro” dal solo rispetto istituzionale.
Era evidente una ammirazione profonda, vera, incancellabile.
Che non negava certo le sue asperità caratteriali, certe sue durezze, o i momenti di contrasto sempre possibili.
No.
Il senso dell’affetto che miscelava il rispetto per lui era ed è profondo.
Mi sono chiesto quale fosse.
Mi sono domandato perchè sia divenuto un tratto comune e dominante nel sentire delle persone.
Ed i suoi compagni di vita e di lavoro avevano una immagine chiara.
C’era.
Roberto non mancava mai.
Ma non solo con la presenza fisica.
No.
Con quell’altra cosa che non è solo un dono di madre natura e nemmeno è solo una dote familiare.
È il frutto invece di una inclinazione e di una scelta.
È la capacità di mettersi nei panni degli altri.
Di capire senza voler comandare, di farsi carico anche se non si condivide, di avvertire le debolezze e le scelte senza giudicare a priori.
Si chiama empatia.
Essa naturalmente non è apatica e non vive nell’opportunismo.
Voglio dire che non evita lo scontro, il parere diverso, perfino il litigio onesto.
No, l’empatia per esistere sul serio non ama essere “piaciona” e con il “si” sempre pronto.
L’empatia per esistere deve amare la verità.
È la verità che la fa forte, la rende vera, la fa apprezzare.
E Roberto, credo, lo sapesse bene.
Vivendo una contraddizione continua tra la necessità della politica ed il disamore per lei.
Perchè troppo spesso la contraddizione tra potere e popolo, tra vita vissuta e governo delle cose, tra esperienza e relazioni necessarie era drammatica.
Per questo penso Roberto amasse le tante vite che di lui contribuivano a fare una persona speciale.
Quella delle Istituzioni e quella delle Associazioni sconfinando nelle sue passioni personali e nella sua capacità di leggere appunto uomini, donne, situazioni di vita.
Non è facile descrivere come si fa a diventare ed essere “dirigenti” di un partito, di una forza politica, di una Associazione.
E probabilmente non è nemmeno possibile indicare un unico percorso.
Ma ad una domanda non possiamo sottrarci.
Perchè ci ricordiamo di una persona?
Sono le sue vittorie a colpirci nel profondo?
Le sue esternazioni?
O è invece quel che percepiamo della relazione che ha con noi?
La sincerità che ci colpisce, la capacità di trasmettere un messaggio, una sensazione, una paura, un desiderio e, finalmente e necessariamente un’idea sono le cose che ci arrivano, che sentiamo e che adottiamo.
Allora caro Roberto il messaggio che ci hai mandato e che la gente stessa ha colto è semplice.
Imparare ad unire alle idee, ai progetti, ai programmi la capacità di condividere, di esprimere sentimenti e trasmetterli.
Così facendo il rispetto sarà, come per te, vero.

Maurizio Cecconi
Veneziano, funzionario del PCI per 20 anni tra il 1969 ed il 1990. Assessore al Comune di Venezia per quasi 10 anni è poi divenuto imprenditore della Cultura ed è oggi consulente della Società che ha fondato: Villaggio Globale International. È anche Segretario Generale di Ermitage Italia.

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