Abbiamo ricevuto da Maurizio Cecconi l’appello pubblicato su Ytali e volentieri pubblichiamo, condividendone spirito e finalità, il documento che segue. Intende essere, sostengono i promotori, uno stimolo alla discussione pubblica, e come tale è aperto a ulteriori sottoscrizioni e contributi, che vanno inviati agli indirizzi che seguono: scaramuzzagabriele@gmail.com e redazione@ytali.com

Siamo donne e uomini, di diverse convinzioni religiose e politiche, presenti nella vita della nostra città, che condividiamo con milioni di altre persone la comune appartenenza e cittadinanza europea.
In queste settimane abbiamo assistito, di fronte alle torsioni geopolitiche innescate dal nuovo governo statunitense, in particolare per quanto riguarda il sostegno all’Ucraina, alla formazione di una nuova volontà di riarmo da parte degli Stati europei, incarnata dalle posizioni della presidente della Commissione e dalla proposta del cosiddetto ReArm Europe, piano straordinario di finanziamenti per riempire gli arsenali di armi.
Riteniamo che questa scelta sia profondamente in contrasto con le volontà dei padri fondatori dell’Europa. Quando Alcide De Gasperi, Jean Monnet e Konrad Adenauer realizzarono la Comunità Economica del Carbone e dell’Acciaio, embrione della CEE prima e dell’UE poi, misero mano anche al progetto della Comunità Europea di Difesa. Infatti, per queste personalità l’elaborazione di uno strumento per la difesa comune doveva essere coerente e funzionale alla costruzione di un’unità politica, sociale ed economica del continente, tanto che alla bozza di Statuto della CED lavorò, oltre al presidente del consiglio italiano, un convinto europeista come Altiero Spinelli.
L’Europa unita deve attivare pienamente il suo ruolo culturale e politico per la costruzione di strumenti e organismi capaci di prevenire le guerre e di costruire percorsi di pacificazione.
Nulla di tutto ciò traspare invece dal cosiddetto ReArm Europe che si traduce, da ultimo, in uno strumento finanziario per accrescere gli armamenti dei singoli stati nazionali, e che innescherà di nuovo una perversa spirale di corsa al riarmo, in Europa e nel resto del mondo, con il pericolo di conflitti futuri anche tra paesi europei. Allo sforzo fatto in questi anni per aiutare la resistenza in Ucraina e contrastare l’invasione voluta da Vladimir Putin, non ha corrisposto da parte dell’Unione Europea la necessaria iniziativa diplomatica, in cui spiegare tutta la propria capacità.
Oggi è più che mai necessario recuperare le intenzioni della generazione che fondò l’Unione Europea, che intuì da subito la necessità di un comune modello di difesa, in grado di rappresentare un efficace presidio a favore del mantenimento di relazioni pacifiche tra le nazioni. A chi potrebbe argomentare che quella posizione è figlia di un tempo passato, e che oggi il rischio di un conflitto in Europa è più che mai probabile, basta ricordare che la scelta della difesa comune – poi naufragata per interessi nazionali – avveniva in un tempo segnato dalla guerra fredda e dal rischio nucleare.
E proprio perché quel rischio, quello nucleare, si affaccia di nuovo è indispensabile adoperarsi per la costruzione di un modello di difesa comune, e scongiurare il riarmo paese per paese. Né si può pensare che il finanziamento avvenga in deroga al patto di stabilità, mentre gli investimenti in welfare, sanità, scuola e ricerca continuerebbero a sottostare ai vincoli di bilancio: sarebbe questa la strada per acuire in maniera ancora più drammatica le disuguaglianze delle società europee e spalancare la porta dei neofascismi e neonazismi, come le recenti elezioni tedesche dimostrano.
Peraltro, la spesa militare europea è, in termini aggregati dei singoli paesi, già oggi la seconda al mondo, e pertanto non si vede la necessità di un piano di armamento tanto massiccio, che avrebbe come conseguenza l’esplosione dei fatturati delle imprese produttrici di armamenti, prime fra tutti quella statunitensi, contraddicendo pertanto la dichiarata “autonomia di difesa” che il piano annunciato dalla presidente della Commissione Von Der Leyen avrebbe come obiettivo.
Infine, non possiamo non rilevare il pesante deficit democratico della procedura annunciata, perché se il riferimento al ReArm Europe è stato inserito nella risoluzione sul “Libro bianco per la difesa” approvata dall’Europarlamento il 15 marzo, è pur vero che il piano come tale è stato sottratto al voto dell’assemblea, unico organo elettivo e pertanto davvero rappresentativo delle opinioni pubbliche europee, che dovrebbero invece essere consultate.
E proprio per questo crediamo utile che si apra un dibattito all’interno delle forze politiche italiane, a partire da quelle del centro sinistra, per ascoltare iscritti, militanti, simpatizzanti, al di là delle opinioni dei leader.
Il tempo che abbiamo di fronte oggi non chiede il riarmo di singole nazionalità a scapito degli investimenti in welfare, scuola e sanità, ma è un tempo che chiede il massimo dispiegamento dell’azione diplomatica dell’Europa, la costruzione di un modello comune di difesa non offensivo. E’ un tempo in cui, come ha detto papa Francesco nel messaggio per la 58° giornata mondiale per la pace, dovremmo adoperarci per utilizzare “almeno una percentuale fissa del denaro impiegato negli armamenti per la costituzione di un Fondo mondiale che elimini definitivamente la fame e faciliti nei Paesi più poveri attività educative e volte a promuovere lo sviluppo sostenibile, contrastando il cambiamento climatico”.
Perché, come prosegue Francesco “dovremmo cercare di eliminare ogni pretesto che possa spingere i giovani a immaginare il proprio futuro senza speranza, oppure come attesa di vendicare il sangue dei propri cari. Il futuro è un dono per andare oltre gli errori del passato, per costruire nuovi cammini di pace”

Primi firmatari

Carlo Bolpin
Gabriele Scaramuzza
Carlo Beraldo
Lucia Bertato
Maurizio Cecconi
Michele Mognato
Pierangelo Molena
Giuseppe Tattara
Franca Marcomin
Gianluca Trabucco
Giuseppe Saccà
Giuliano Cesaro
Maurizio Romanello
Luisa Cazzador
Enrico Cesaro
Adriano Cesaro
Maria Luciana Filippini
Carmine Scarpellino
Gianni Trotter
Maria Teresa Menotto
Sandra Venturini
Claudio Madricardo
Margherita Laichin
Saverio Simi de Burgis
Lino Callegarin
Fiorenza De Santis
Giovanni “Gianni” Vianello
Alessandro Biasioli
Giulia Cencetti
Laura Fregolent
Delia Murer
Pamela De Piccoli

1 COMMENT

  1. Il deficit democratico si manifesta su 3 fronti:
    1) in questo “percorso di guerra” mancano i giovani. È una elaborazione guerrafondaia fondata su muri ideologici per far fronte a nemici immaginari.
    2) in questo “percorso di guerra” si accantona il dramma “ambientale-climatico” e le risorse per affrontarlo e si cita ritualmente ( anche se giustamente) la sottrazione di risorse a sanità e welfare per armarsi.
    3) in questo “percorso di guerra” e nelle parole che lo accompagnano mancano parole come “popoli”, “trattativa”, “negoziato”, “diplomazia”, tutte parole necessarie a scacciare le reciproche paure consolidatesi nella memoria storica dei diversi popoli.
    Schiavon Dante

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