Il cameriere al quale Miss Casey, istitutrice del piccolo arciduca Carlo d’Asburgo, aveva chiesto che fine avessero fatto tutte le camicie di Sua Altezza, rispose: “Sua Altezza Impereiale le ha regalate tutte ai bambini poveri”.

In un’altra occasione, replicando all’amministratore che stava pagando i salari agli operai, il piccolo arciduca ebbe a dire:

Non potrei lavorare anch’io in giardino per guadagnarmi qualcosa? (…) Vi è qui tanta gente povera: io l’aiuterei volentieri se potessi guadagnarmi qualcosa da me stesso”

Basterebbero solo queste due scene a tratteggiare la personalità dell’ultimo imperatore d’Austria-Ungheria Carlo I d’Asburgo, beatificato nell’ottobre del 2004da Giovanni Paolo II.

Ma chi è stato davvero l’arciduca Carlo Francesco Giuseppe Lodovico Uberto Giorgio Maria, morto a soli trentaquattro anni in esilio all’isola di Madera?

L’autore ci consegna fra le mani una biografia dalla quale emerge prima di tutto il cristiano Carlo I, che antepone alla sua carica di sovrano, animato fin dall’infanzia da un insolito senso di carità verso il prossimo.

Poi, ne emerge la figura di un uomo alla perenne ricerca della comunione con il Padre, senza mai sottrarsi agli obblighi che il suo ruolo gl’imponeva.

Qual è però l’insegnamento che il Beato Carlo ci ha lasciato, e che è uno dei fondamenti della nostra dottrina cristiana?

Ce lo dice lui stesso, all’indomani del fallito tentativo di restaurare la monarchia in Ungheria, dilaniata dalla guerra civile e dalla fame, nell’ottobre del 1921:

“Anche se tutto è andato a monte, dobbiamo ugualmente ringraziare Dio, giacché le sue vie non sono le nostre vie”.

In questa frase, è racchiuso il senso unico di ogni credente.

Conoscere la figura di Carlo I d’Asburgo attraverso le pagine di Giuseppe Della Torre, è un invito a scoprire la bellezza del Cristianesimo, e fra le righe non scritte, a prendere in mano il Catechismo della Chiesa Cattolica senza preconcetti ideologici.

Essere cristiani, dandone testimonianza nel nostro quotidiano, è sì impegnativo, ma come ci dimostra la storia dell’ultimo imperatore d’Austria-Ungheria, non impossibile.

Antonio Fabris
Classe 1974, da venticinque anni dipendente della Confcommercio di Treviso, vivo da sempre a Mogliano Veneto, e sono un appassionato di Storia locale. Fan di Giovannino Guareschi, lettore di libri sul Veneto, e sulla mia città, frequento, e collaboro, con il Gruppo Ricerca Storica Astori "Don Giuseppe Polo". Da un paio di anni a questa parte, mi sono appassionato anche alla storia del ghetto di Venezia, in particolare della letteratura ebraica (1558-1663).

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