Davvero straordinaria sotto diversi aspetti questa Aston Martin DB5 targata BMT 216Autilizzata dall’agente segreto 007 con licenza di uccidere James Bond e che per questo nasconde sotto la carrozzeria una sedia impressionante di diavolerie sulle quali torneremo più avanti.

Ma bisogna innanzitutto considerarla dal punto di vista strettamente automobilistico perché siamo di fronte ad una delle più affascinanti vetture sportive inglesi negli anni Sessanta, un modello che, come vedremo, ha anche un po’ di genio italico nel suo DNA. Tutto parte dal coupé DB4 del 1958 che, grazie all’introduzione del nuovissimo motore sei cilindri in linea longitudinali da 3.700 cc. da 240 CV con distribuzione doppio albero a camme in testa e tre carburatori SU doppio corpo, superava agevolmente i 225 km/h ed era una delle sportive più performanti della sua epoca.

La sua ulteriore evoluzione, la DB5 del 1963, adottava invece un motore quattro litri con un nuovo cambio a cinque marce e tre carburatori SU che portavano questa magnifica coupè a sviluppare 282 CV e toccare i 230 km/h. Ricordiamo che la sua linea inconfondibile si deve alla Carrozzeria Touring Superleggera che allestiva le vetture inglesi a Terrazzano di Rho (MI) e che chiuse i battenti nel 1966.

Ed è proprio sulla base della DB5 che Harry Saltzman e Albert Broccoli, i mitici produttori della saga di 007, chiesero alla Aston Martin di allestire due esemplari molto particolari destinati alle riprese del film Missione Goldfinger del 1964 che si richiamava all’omonimo libro di Ian Fleming del 1959 nel quale, per la verità, Bond utilizzava una DB Mark III assai meno accessoriata. Il costo solo per le modifiche fu di 45.000 dollari, circa 28 milioni di lire dell’epoca e per la cronaca ricordiamo che nel 1965 una DB5 costava in Italia 8.800.000 milioni di lire, quasi nove volte una Fiat 1100 D! Ideatore tutti gli accessori “fuori catalogo” di cui fu dotata l’automobile è John Stears che vinse poi l’Oscar per gli effetti speciali nel 1967 con Agente 007 Thunderball- Operazione Tuono e nel 1977 con Guerre Stellari.

Eccone l’elenco: mitragliatrici Browning 30mm dietro gli indicatori di direzione anteriori, gallettoni che spuntano dall’asse posteriore per tranciare le gomme, scudo antiproiettile estraibile dal bagagliaio dietro il lunotto posteriore, scanner radar per individuare gli obiettivi sensibili, rostri dei paraurti che fuoriescono per speronare i veicoli inseguiti, targhe intercambiabili “BMT 216A” (UK), “4711-EA-62” (Francia) e “LU 6789” (Svizzera), getti d’olio nascosti dietro i fanalini posteriori per far sbandare gli inseguitori, sedile del passeggero eiettabile dal tetto apribile tramite pulsante rosso nascosto sotto il pomello del cambio, fumogeni per coprire la fuga, vetri antiproiettile, cannoni con getti d’acqua ad alta pressione, spandichiodi, radiotelefono e scomparti segreti in cui nascondere le armi, compresa la leggendaria pistola Walther PPK.

Dopo Missione Goldfinger la particolarissima vettura comparve nel successivo Thunderball (1965) sempre nelle mani di Sean Connery mentre altri esemplari, però di serie, apparvero nei film degli anni successivi al servizio di Pierce Brosnan e Daniel Craig. Ricordiamo infine che le due Aston Martin DB5 originarie hanno avuto una storia particolare anche dopo essere state pensionate. Mentre la prima è stata venduta all’asta nel 2010 con una offerta base di 5 milioni di euro, della seconda si sono perse le tracce nel 1997 dopo che è stata rubata in pieno giorno dal garage di un collezionista in Florida e caricata su un aero-cargo con destinazione ignota. Un mistero tuttora irrisolto che aspetta solo l’intervento di James Bond.

Renzo De Zottis
Renzo De Zottis ha svolto per molti anni l’insegnamento nella scuola secondaria di primo grado. Attualmente scrive di storia, storia dell’arte e storia dell’automobile. Dalla metà degli anni Ottanta è presente sulle maggiori testate nazionali di automobilismo storico con articoli e servizi fotografici Nel 2019 ha curato la redazione dei testi per la mostra Lo stile dell’auto italiana al Museo M9 di Mestre. Fa parte dell’Associazione Italiana per la Storia dell’Automobile. Da tempo svolge conferenze a tema per l’Università della Terza Età di Mogliano Veneto e per l’Alliance Française di Treviso. Collabora regolarmente con il DiarioOnline e con l’Eco di Mogliano. Nel 2024 ha pubblicato con Otello Bison e Michele Zanetti il libro Zero, Un piccolo grande fiume. Nel 2025 uscirà il libro Macchine nel tempo. Piccole Storie di grandi automobili che raccoglie gli articoli apparsi settimanalmente nel DiarioOnline.

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