
Corre l’anno 1916. È Giovedì Santo; il vecchio imperatore Francesco Giuseppe, segue il baldacchino che apre la processione del Corpus Domini. Veste l’alta uniforme.
Il suo sguardo è ora rivolto al cielo; ora si sofferma sulle tuniche dei chierici, ora invece sui soldati che assieme a lui seguono la processione.
Basta questa scena, descritta minuziosamente da Ferruccio Mazzariol nel suo romanzo Le aquile bianche dell’Imperatore (Santi Quaranta editore, Anno 2011, pag.151), a dipingere l’imminente fine di quello che è da considerarsi l’ultimo baluardo a difesa della cristianità in Europa: l’impero austroungarico.
Pur non cancellandone le sue contraddizioni, il romanzo di Mazzariol tesse una lode all’impero asburgico, spogliandolo di tutta quella retorica post-risorgimentale cucitagli addosso per decenni.
Protagonista assoluta dell’intero volume, è l’incrollabile Fede nella Provvidenza nutrita da tutti i membri della casa imperiale citati dall’autore, come l’imperatrice Maria Teresa e l’arciduca Eugenio.
Una Fede coltivata anche nei momenti più tragici, come ad esempio la morte dell’arciduca Massimiliano, fratello di Francesco Giuseppe, fucilato in Messico, la morte di Rodolfo, l’erede al trono, e la morte dell’amata moglie Sissi.
Morto suicida lui, assassinata da un anarchico lei.
Mazzariol però non si limita a narrare solo la storia ufficiale, ma anche la vita quotidiana nell’impero, un agglomerato di popoli e culture, spesso in contrasto fra loro e la Chiesa.
Il racconto è struggente, i capitoli brevi, lo stile semplice e diretto in un susseguirsi continuo di avvenimenti che coinvolgono il lettore fino all’ultima scena, quella dove si assiste al congedo di Carlo I, e della moglie Zita, prima di partire per l’esilio.
È il 23 marzo 1919.
Carlo, vestito in divisa di federmaresciallo di campagna, con a fianco l’imperatrice, in pocinto di salire a bordo del treno, scortato da ufficiali inglesi, saluta la folla radunatasi per ossequiarlo un’ultima volta.
Così scrive Mazzariol al termine di questa storia: (..) L’Impero ritorna ancora oggi incessante, non sule carte geografiche: non sulle mappe terrestri che gli furono proprie: ritorna in tanti cuori e in tante menti come immagine, sogno e speranza (..) perchè l’impero è stato grande, è stato ordinato, è stato bello, è stato gentile, ed è stato soprattutto molto amato.
Treviso 19 03 2025 – Presentazione molto interessante…
Ottima recensione che invoglia a leggere (o rileggere) il libro di Mazzariol.
Grazie ad Antonio Fabris