“E dopo quel salto, che cosa ha fatto? Com’era Mogliano in quel periodo?”

“Ho corso come un dannato, nascosto nei campi, come un animale braccato. E poi, mi sono fermato in una casa di contadini che mi conoscevano e dei quali i fidavo. Non c’era più niente da fare. La guerra continuava, ma io … io ero solo un uomo che cercava di non morire. Mi sono nascosto. Mogliano era divenuta invivibile. La fiducia tra le persone era svanita, non ci si poteva più fidare di nessuno, nonostante fossimo quasi tutti parenti, amici o conoscenti. Avevamo paura dei fascisti, dei tedeschi e anche di certi partigiani. Un’amica, che poi è diventata mia moglie, era presente quando i tedeschi in ritirata, guidati dai fascisti, uccisero il giovane Francesco Barbiero. Lei riuscì a salvarsi per un pelo.

Poi arrivarono i liberatori americani … beh, … altri stupri, altre bombe, altri morti … Ogni volta che sentivo una bomba lontana avevo paura. Indimenticabile quel 7 aprile del ’44! A Mogliano la terra tremava. A Treviso migliaia di morti. Pensavo che la guerra non finisse mai”.

“Dopo tutto quello che ha passato, come ha vissuto il dopoguerra?”

“Il dopoguerra? È come se non fosse mai iniziato per me. La pace, la gente che cantava … Non ero più lo stesso. Avevo visto troppo. Ero solo un giovane che aveva visto il peggio dell’umanità”.

Il silenzio avvolge la stanza per un lungo momento. Rimango immobile, come in attesa che Piero trovasse le parole giuste. “Ma è passato tanto tempo. Ogni tanto mi chiedo … se avessi saputo che …? Ma non ci si può chiedere nulla. La vita è andata, e io sono qui, a raccontare quello che ho visto e ho vissuto”.

Mi rendo conto che le parole di Piero sono più di un semplice racconto. Sono il frutto di anni di dolore, di paura e di speranza. Nel silenzio della stanza il tempo scivola via, come sabbia tra le dita e decido di chiudere l’intervista.

“Grazie per aver condiviso la sua storia con noi. Non dimenticheremo mai quello che ha vissuto”.

“Non c’è nulla da dimenticare … solo da ricordare”, sussurra Piero, guardando fuori dalla finestra, come se stesse parlando a se stesso.  

Saluto con un abbraccio Piero, mentre il suono del pendolo dell’orologio continua a scandire il passare del tempo.


Se desiderate leggere la prima parte di “La guerra di Piero”
l’articolo è stato pubblicato martedì 11/03/2025


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