Vale certamente la pena iniziare a riflettere sulle elezioni tedesche.
Partiamo da una considerazione che poi va giustificata: le elezioni in Germania non “svelano” nulla di nuovo ma “confermano” molte considerazioni.

La prima e più forte è quella sulla fase che l’elettorato sta vivendo.
Ci si presenta al voto cercando una “casa protetta” e sicura.
Ed essa si manifesta in due modi.
O nella coincidenza di ideali e prospettive o nel buon antico.
Non valgono le mezze misure, le parole dette a metà, i discorsi che hanno “capo” ma non hanno “fine”.
Quindi chi vuole e cerca la solidità senza avventure vota CDU/CSU.
Perché la Germania va protetta dai troppi immigrati, deve risalire la china nella capacità economica e produttiva e non vuole violenza.
Una Germania protetta verso l’esterno ma che guarda tutta al suo “ventre”, ai suoi bisogni.
Chi invece è stufo della realtà e guarda anche al passato vota AFD.
I continuatori della tristezza del ‘900?
Certo, ma non solo.

Forse però questo è l’aspetto più spettacolare del voto.
In realtà compaiono due elementi in più che vanno considerati.
Sta finendo in qualche modo (e molto meno che in Italia) il senso di obbligato ripudio del passato.

Insomma si può riguardare all’antico Novecento con più disponibilità a sopportare gli “eccessi”.
E credo aiuti questa visione l’attuale politica internazionale che sempre di più cassa i valori per posizionarsi invece sulle necessità economiche e commerciali.
D’altra parte invece quel voto diviene fortemente revanscista, non teme il richiamo a significati antichi perché il presente è sempre peggiore come valori e come vita quotidiana.
Potemmo dire, in parallelo con l’Italia, che l’espressione di preferenza a quelli che sono chiamati neonazisti supera d’un passo la barriera d’isolamento che dal 1945 reggeva, mentre in Italia tale barriera era stata rotta da molto tempo, complice e autore Silvio Berlusconi.

Aggiungo che in Italia, a differenza della Germania, ha sempre avuto sede un modo di vedere il passato fascista assai particolare.
Esso infatti sottolineava sempre ed al di là della realtà la dizione “Italiani brava gente“.
Faceva diventare il fascismo come “malattia minore” rispetto ai truci cugini di Germania.

La SPD, i socialdemocratici, paga da una parte la progenitura della Cancelleria (del resto spesso ondivaga e certo di basso profilo) e dall’altra l’immagine di maldestra conduzione della politica di una nazione oggettivamente in crisi.
Né carne né pesce.
Più aperti e più compromessi, più indecisi e però più responsabili.
E ciò nelle porte aperte agli immigrati, nella crisi con la fine del gas russo, nel declino industriale conseguente.
Tutto il contrario della gestione “spagnola” della crisi in cui il partito socialista ha giocato con coraggio le proprie carte senza nascondersi dietro immagini confuse e nebbiose.

Tant’è che la SPD perde a sinistra e pesantemente a favore dalla Linke, partito tradizionalmente ancorato ai territori della Germania Est (di una volta) che invece sembra confermarsi a tutti gli effetti nazionale, e del partito populista di sinistra BSW che sfiora ma non raggiunge la soglia del 5% che gli avrebbe permesso di stare in parlamento.
E non entrano nemmeno i liberali ritenuti probabilmente a ragione la brutta copia dei due partiti democristiani inciuffettata con un po’ di laicità progressiva.
Tutto ciò dunque non cambia, conferma.

Ad esempio i risultati di Francia e Italia.
Perché le sinistre o si esprimono ritornando ai temi forti della vita quotidiana o perdono.
Perché le destre sdoganate insegnano che l’antifascismo come puro deterrente non regge più da solo.
Perché il bisogno di pace e tranquillità è forte e supera i dettami della coscienza soprattutto nelle scelte internazionali.

Credo si possa dire che si segnalano due elementi a mio avviso forti.
Che l’Europa può ripartire guardando a sé stessa e ai propri problemi come cardine fondamentale per ri-nascere dopo le mazzate trumpiane e gli errori strategici condotti per troppi anni.
E che la sinistra può e deve aprire una nuova riflessione conscia del necessario valore di radicalità che in Italia ha portato al successo della Schlein e del PD ma altrettanto convinta che di parole d’ordine non si vive e che senza strategia complessiva, cioè europea, si muore nel dimenticatoio.
Soprattutto in Italia ove a tutti i problemi posti sì aggiunge quello della disistima politica che ha portato al voto meno del 50% della popolazione.

Le condizioni per esistere e ragionare ci sono.
Quelle per governare e rappresentare vanno costruite.


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Maurizio Cecconi
Veneziano, funzionario del PCI per 20 anni tra il 1969 ed il 1990. Assessore al Comune di Venezia per quasi 10 anni è poi divenuto imprenditore della Cultura ed è oggi consulente della Società che ha fondato: Villaggio Globale International. È anche Segretario Generale di Ermitage Italia.

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