Il 19 febbraio presso il Centro sociale “Rivolta” di Marghera si è tenuto un nuovo importante incontro scientifico, molto partecipato, su salute e ambiente (è significativo come questo Centro, ancora da alcuni descritto come un pericoloso ricettacolo di personaggi inquietanti, sia invece uno dei luoghi più importanti di aggregazione delle comunità di ricerca sociale e scientifica del Veneziano, che ha ospitato per esempio gli incontri di esponenti dell’Istituto Superiore di Sanità e dell’Università di Padova con le Amministrazioni locali, per avviare il grande progetto di biomonitoraggi denominato One Health Citizen Science).

In questa occasione l’incontro era con gli esponenti di Greenpeace Italia, per la presentazione della grande ricerca che ha portato alla prima mappa italiana della contaminazione da PFAS nelle acque potabili.

La loro relazione è stata completata dall’apporto scientifico della dott.ssa Vitalia Murgia, ormai una delle maggiori ricercatrici sui danni per la salute di queste sostanze, e del dott. Mattia Donadel, portavoce del Coordinamento NO INCENERITORI e grande esperto sulle criticità della pervicace spinta affaristica a voler realizzare grandi impianti per l’incenerimento di rifiuti e di fanghi di depurazione.

Il quadro emerso dalla serata è stato di conferma della ormai eclatante pervasività dei PFAS. Greenpeace ha proceduto, a settembre e ottobre del 2024, alla raccolta di 260 campioni di acqua potabile in 235 città da Nord a Sud d’Italia. Le analisi condotte da un laboratorio indipendente e certificato hanno ricercato la presenza di 58 molecole PFAS.

prelievo acqua

In 206 dei 260 campioni, pari al 79% del totale, è stata registrata la presenza di almeno una sostanza riconducibile al gruppo dei PFAS.

Tutti i dati e le considerazioni sulle carenze della normativa di vigilanza sanitaria sono disponibili nel sito di “Greenpeace

Per coincidenza, nel giorno successivo alla data di questo importante convegno i giornali locali riportavano la notizia che ENI Rewind insisteva nella sua volontà di realizzare un mega inceneritore per fanghi nei pressi di Malcontenta, rispondendo con nuova documentazione all’Istituto Superiore di Sanità (ISS), che con l’ultimo parere dello scorso dicembre aveva di fatto bocciato il progetto.

Subito il Coordinamento ha emesso un comunicato stampa ripreso dai giornali con il titolo “Inceneritore, i comitati sfidano la Regione”, che di seguito riportiamo:

ENI Rewind continua a fare “fumo” intorno al suo progetto producendo carte su carte anche fuori tempo massimo, forse nella speranza di confondere chi deve decidere. Ma questa volta le risposte date all’ISS, oltre che incomplete e per certi versi evasive, sono addirittura paradossali, tanto che la società arriva a dire che un impianto da 190.000 ton/anno di fanghi bruciati avrebbe un impatto ambientale e sanitario trascurabile. Un vero e proprio insulto all’intelligenza dei tecnici dell’ISS, degli Enti coinvolti, e dei cittadini.

Per i comitati una delle criticità più rilevanti rimane il pericolo PFAS: ENI continua a sostenere che i PFAS presenti nei fanghi saranno completamente distrutti, ma le relazioni prodotte dal CNR su commissione della stessa società affermano esattamente il contrario. Del resto sono numerosi gli studi scientifici che dimostrano come gli inceneritori sono una delle maggiori fonti di inquinamento da PFAS (si vedano ad esempio i casi dell’inceneritore della Norlite nello Stato di New York (USA) e di quello di Harlingen in Olanda). 

Totalmente inaccettabile poi quanto ribadito a più riprese dal chiacchierato Dott. Paolo Boffetta, autore della valutazione di impatto sanitario, là dove afferma che l’impatto dei PFAS non è rilevante in quanto l’unica patologia riconosciuta come associata è l’aumento del colesterolo. Mentre è la stessa IARC a classificare PFOA e PFOS come cancerogeni.

E proprio su questo tema i comitati lanciano una proposta e una sfida alla regione Veneto e alle altre istituzioni: “Visto che il Veneto è una delle regioni più contaminate da PFAS, e visto che abbiamo già tre inceneritori di rifiuti urbani funzionanti, e due di questi (Padova e Fusina) bruciano anche fanghi, si avvii finalmente una ricerca seria e approfondita con il supporto di enti come ISS, CNR, ISPRA per verificare a scala reale quanti PFAS escono da questi impianti sotto forma di gas, ceneri e liquami, e quale sia la loro ricaduta nei territori circostanti; si attenda inoltre l’esito dei biomonitoraggi in corso a Marghera dove è prevista anche la ricerca di queste sostanze nel sangue degli adulti.

Nel frattempo, nel rispetto del principio di precauzione e al fine di tutelare davvero la salute delle popolazioni, si sospendano tutti i procedimenti e le autorizzazioni relative al potenziamento o alla costruzione di nuovi inceneritori; dunque non solo quello di ENI, ma anche la seconda linea di Veritas a Fusina, la quarta linea di Padova, Cà del Bue a Verona, Schio e Loreo.  Se invece la Regione Veneto, e gli altri Enti interessati, dovessero decidere di avvallare questi impianti, allora lo scontro sarà durissimo, i comitati veneti attivi su questi temi si stanno già organizzando e stanno unendo le forze”.


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Siro Valmassoni
Medico ambientalista, per 40 anni anche anestesista rianimatore

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