Intervista a Mauro Scroccaro, assessore (all’ambiente, alla protezione civile e all’urbanistica) del Comune di Marcon dal 2002 al 2017.
È raro sentir parlare in maniera negativa di Lei o del suo operato. Come mai si è allontanato dalla politica di Marcon?
“Allontanato” forse non è il termine più coerente. Tre mandati, cioè quindici anni, sono tanti e drenanti se si danno corpo e anima, come credo di aver fatto. Nel frattempo è cambiato il mondo intorno a me: la politica adesso è fatta tanto di social, internet, sassi lanciati. Non fa più per me. Poi, indubbiamente, c’è anche dell’altro da fare nella vita. Le giunte Tomasi e Follini non hanno avuto poco da fare, il tutto aggravato da una situazione complessa legata al patto di stabilità. Questo portava a condizioni a dir poco frustranti, al ricorrente ”avere i soldi ma non poterli spendere”.
Può darci un’opinione sull’attuale amministrazione?
Diciamo che non è molto in linea con come intendo l’amministrazione di una comunità. Mi rifaccio a due esempi banali che riguardano quello che è stato il mio assessorato. In primo luogo quello dell’ambiente: le domeniche ecologiche. Chiudere la nuova viabilità per convogliare tutto il traffico sulla strada principale di Marcon è una presa in giro, è la negazione totale del principio di ecologicità della domenica. In secondo luogo la gestione della Protezione Civile riguardo l’ultimo allagamento della zona di via Monte Grappa, con delle uscite discutibili. Pare che la soluzione sia quella di ricavare delle vasche di laminazione, che più se ne fanno e meglio è, però il problema lì era diverso. È stata attivata una gestione non conforme al piano delle acque e al piano comunale di Protezione Civile. Non voglio mettere la croce sulle spalle di nessuno. Una cosa è certa: per fare l’amministratore devi lavorare tanto e, soprattutto, devi studiare, studiare, studiare. Bisogna conoscere i meccanismi delle cose, quindi non solo le norme o la gestione amministrativa, ma proprio il territorio sotto il profilo geologico, idraulico, atmosferico. Alla luce di questo certe dichiarazioni forse non sarebbero neanche state fatte.
E sull’attuale minoranza consiliare?
Il problema non è la minoranza, ma la forma che si è voluto dare alle amministrazioni. La minoranza può essere strepitosa, capacissima, combattiva, ma non può andare da nessuna parte. La legge elettorale che ha voluto la nomina del sindaco ha messo nelle sue mani e nelle maggioranze tutto il potere. Quindi da un punto di vista della dialettica politica nei comuni, ma come sta diventando anche a livello regionale e nazionale, essere minoranza vuol dire essere niente. Purtroppo questa è la riforma che tanti hanno voluto in questo paese, dal centro, da destra e da sinistra, nel nome della “governabilità”. Capisco la necessità di garantire continuità, ma le conseguenze sono queste, la fine della dialettica politica e democratica. Gli sforzi che fa questa minoranza sono encomiabili, però non ci si può aspettare, in questa cornice, che portino a dei risultati. Ad essere onesti, così è stato anche quando facevo personalmente parte della maggioranza. Non è un problema di parte politica, ma del sistema.
Lei, assieme a Pierantonio Tommasi, è l’unico ex amministratore che non ha firmato la petizione a favore della conservazione del centro civico. Ci può spiegare le motivazioni dietro a questa sua scelta?
Non mi considero un nostalgico del passato. A mio avviso, un edificio merita di essere preservato solo se ha un reale valore architettonico e storico-culturale. Personalmente, non credo che il centro civico risponda più a queste caratteristiche, né che possa considerarsi un vero centro di aggregazione. Oggi il suo unico scopo è rimasto solo quello di ospitare le riunioni del consiglio comunale, un ruolo che non giustifica più la sua esistenza. Senza contare che l’edificio è estremamente energivoro con spazi enormi che non trovano una funzione adeguata. Quando ho letto i punti della petizione non mi sono trovato a condividere le motivazioni che venivano proposte dato che non mi sembravano sufficientemente solide per giustificare il mantenimento di una struttura che, a mio parere, non risponde più alle necessità della comunità.
Cosa dovrebbe essere, a suo avviso, una priorità per i cittadini? Su cosa dovrebbero concentrarsi nel territorio?
Una delle priorità per i cittadini di oggi dovrebbe essere sicuramente una maggiore attenzione ai temi ambientali soprattutto da un punto di vista più collettivo. La zona in cui viviamo soffre molto a causa degli stili di vita poco sostenibili ma, purtroppo, non vedo una grande disponibilità da parte dei cittadini di farsi carico di questi problemi come ad esempio l’inquinamento elettromagnetico. Siamo immersi in un mare di antenne, ma ci preoccupiamo solo quando queste vengono installate sotto casa nostra intaccando il nostro piccolo. Personalmente, ho lavorato sul piano delle antenne e organizzato percorsi partecipativi, con incontri mirati a coinvolgere la cittadinanza nelle scelte. Purtroppo, però, la partecipazione era sempre limitata a una manciata di persone perlopiù direttamente coinvolte dalla questione. Oltre a ciò, oggi vedo anche un grande potenziale impatto ambientale nell’ampliamento dell’aeroporto, che è molto vicino, e questo dovrebbe farci riflettere. Faccio un appello ai cittadini affinché prendano coscienza degli stili di vita attuali consapevoli che le scelte di oggi avranno ricadute negative sul futuro visto che sono spesso malsane e insostenibili. Nonostante non mi sia mai occupato direttamente di questo, credo che anche l’attenzione all’accudimento giovanile dovrebbe essere una priorità: dopo le scuole medie, infatti, i ragazzi vengono spesso spediti nei comuni circostanti, limitando così la creazione di una socialità e di una comunità giovanile locale.