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“Litigare non serve a nulla…”

Quante volte ce lo siamo sentito dire? Abbiamo tutti qualche ricordo di zuffe infantili nel cortile della scuola… Vi invito a tornare per un momento con la memoria alle liti tra fratelli e alla nostra rabbia di bimbi non sempre contenuta… Come dimenticare il pronto intervento dei nostri educatori? Insegnanti, genitori, nonni – gli adulti insomma – accorsi a reprimere il litigio e a punire i colpevoli: “Non si litiga! In castigo tutti e due!” (tre, quattro… a volte si litigava anche a squadre!). E quante volte lo abbiamo detto noi a nostra volta, ai nostri figli, nipoti, alunni? In forma meno diretta ci sarà capitato di suggerirlo anche a qualche amico o amica in crisi matrimoniale o familiare, e – soprattutto – a noi stessi: “Non voglio litigare”, “Litigare non serve a nulla…”.

Il libro La grammatica dei conflitti – L’arte maieutica di trasformare le contrarietà in risorse (Milano, Ed. Sonda, 2011 – giunto all’ottava edizione nel 2020) ci spiega in modo approfondito e paziente che non è così: litigare serve eccome! Bisogna però imparare a gestire le situazioni conflittuali della vita, fin da piccoli, e a considerarle una grande risorsa, un’importante occasione di apprendimento e formazione. Il suo autore Daniele Novara – pedagogista, counselor e formatore, docente presso l’Università Cattolica di Milano – ha fondato nel 1989 il CPP, Centro Pedagogico per la Pace (oggi Centro PsicoPedagogico per l’educazione e la gestione dei conflitti) a Piacenza, dove vive. Sorprende leggere che “la pace non è tranquillità, né bontà, né armonia, bensì un modo diverso di vivere i conflitti”. Lo sapevano bene gli antichi Greci, nella cui mitologia la dea Armonia era figlia di Ares (Marte, dio della guerra) e di Afrodite (Venere, dea della bellezza). L’armonia non deriva infatti solo dalla dimensione della bellezza, ma anche dal contrasto e dalla conflittualità: è “in realtà l’esito di un processo complesso, che include l’elemento dialettico del confronto, e se si vuole anche dello scontro, per mantenere in equilibrio un sistema relazionale”.

Ma il conflitto è anche la guerra, lo sentiamo nominare – purtroppo – tutti i giorni. Cosa dovremmo fare quindi? Entrare in conflitto, e quindi in guerra, per darci un’opportunità di crescere? Apprendo in questo interessante libro un’ambiguità – non solo linguistica ma anche culturale – propria dell’italiano, che considera sinonimi le parole guerra e conflitto. Nelle lingue inglese e tedesca la distinzione è invece netta: conflict sta per disaccordo, discussione riguardo qualcosa di importante, e war per periodo di combattimento tra stati e nazioni con l’utilizzo di armi e l’uccisione di molte persone. Altrettanto distinti sono i termini tedeschi Konflikt e Krieg. Come mai noi italiani nell’essere contro la guerra ci ritroviamo ad essere anche contro il conflitto? Perché discutere riguardo qualcosa di importante sta in una confusione semantica insieme a uccidere molte persone? Vi invito a trovare le risposte nelle pagine del libro di Daniele Novara, rivelatrici di aspetti culturali e sociologici che si legano profondamente alle nostre radici mediterranee.

“Se si vuole riuscire ad affrontare le sfide di questi nuovi tempi incerti e difficili, occorre cominciare a guardare ai conflitti non come incidenti di percorso, problemi da rimuovere o da temere, pericoli da evitare ad ogni costo, elementi perturbativi e pericolosi. Occorre piuttosto cominciare a cogliere l’importanza dei conflitti come elementi necessari alla crescita e allo sviluppo personale; necessari, e non accidentali”. E’ una mia impressione o tra queste righe si legge rispetto, civiltà, benessere e anche democrazia?

Concludo con queste citazioni: “Ogni essere vivente deve saper affrontare le situazioni conflittuali della sua vita, altrimenti muore”, “Sperimentare il conflitto come esperienza profonda di manutenzione relazionale può preservarci dalla violenza e, all’opposto, dalle relazioni simbiotiche”, “E’ possibile vivere i conflitti come componenti creative della vita, alleati importanti della convivenza”.

Ce lo avesse detto qualcuno, quando eravamo piccoli…

Elena Carraro
Dopo la laurea in Lingue e Letterature straniere, ha approfondito altri percorsi di studio e intrapreso la professione di fisioterapista, condividendo con altri operatori sanitari l'impegno per la difesa della dignità della persona fino all'ultimo istante di vita. Ha sempre coltivato l'amore per la musica e la scrittura. Ha pubblicato L'Uovo di Mary - Storia di una sopravvivenza (Cleup 2018) e Triplo Concerto (Antilia 2023). Lasciato l'ambito sanitario per "anzianità", lavora oggi come copywriter.

3 COMMENTS

  1. mi è piaciuto il tuo pezzo. è stato un bel tutto nel passato ho cominciato a frequentare i testi di Daniele Novare, di cui sono coetaneo, una quarantina di anni fa. vedo che ha conservato la sua capacità di fare e promuovere educazione non conformista comunque è un ritorno al passato guardando sempre al futuro.
    ps aprrezzo la tua lettura degli articoli

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