“Ma tu adesso con chi stai?”
Conoscendo chi me la poneva, la domanda non poteva che riferirsi alla mia appartenenza politica. “Sto in un gruppo civico di Mogliano” risposi, e intanto ripensavo alla mia conversione civica dopo anni di militanza di partito, dall’impegno politico giovanile agli ultimi scampoli di liquidazione della sinistra storica italiana. Benché fosse stata proprio quella liquidazione (ma più che altro le sue turbolenze locali) a spingermi verso l’approdo civico, presto mi resi conto che il “civismo” non era solo un ripiego, un surrogato, un abito nuovo cucito su misura perché la sartoria di quello vecchio era fallita.

L’aggregazione civica può convogliare, stimolare e talora rigenerare svariate volontà di impegno politico, sociale e culturale riluttanti alla militanza in un partito. E colmare quindi il divario creatosi in anni recenti, anzi oramai decenni, tra la domanda di impegno nella polis e l’offerta delle rappresentanze politiche tradizionali. Tradizionali nel metodo, nella struttura e nello stile anche se cangianti nell’abito, nella collocazione e  ell’autodefinizione.

(Un divario che, sia detto per inciso, ha per effetto le numerose associazioni di volontariato e cittadinanza attiva che si fanno carico dei problemi della polis -più spesso di un singolo tema di natura ambientale, sociale, culturale etc- muovendosi nella società locale senza impegnarsi in prima persona nella politica in senso stretto; insomma la famosa “società civile”).

Venendo al soggetto civico, la concreta vicinanza ai problemi del luogo in cui si vive può suscitare mobilitazione, far emergere competenze diffuse e mettere a frutto conoscenze preziose in precedenza ignorate, inutilizzate o frustrate. Insomma, l’impegno civico può anch’esso diventare la palestra di un personale politico-amministrativo locale che, anche senza il bonus di una possibile carriera politica, si esercita in ambiti urbani diversi per estensione, densità e rilevanza.

Città grandi e più spesso piccole ma che nella loro totalità raggruppano la stragrande maggioranza della nostra popolazione, delle sue contraddizioni e delle sue aspirazioni. Anche il dialogo che la politica amministrativa locale -di governo o di opposizione che sia- deve intrattenere con le varie forme associate e organizzate di cittadinanza attiva può talora rivelarsi più franco e più agevole per il soggetto politico civico, sia esso al governo o all’opposizione.

E all’interno di un orientamento progressista, sociale e ambientale, la lista civica può e deve sapersi battere al meglio per evitare che la “sua” città (e la “sua” campagna!) diventino un “bacino estrattivo” per attività di speculazione di qualunque genere e di qualsiasi provenienza. Anche locale. A volte soprattutto locale, il Veneto è campione d’Europa nella specialità del consumo di suolo nell’unità di tempo.

Per non dire delle interferenze partitiche che, come abbiamo visto anche a Mogliano, possono infastidire il normale svolgimento dell’attività amministrativa.

Ancora, se la legge elettorale comunale da un lato garantisce al Sindaco un’ampia maggioranza e quindi un ampio potere decisionale, dall’altro la pressione normativa, economica e politica nazionale -e regionale- ne limita i reali poteri amministrativi.

In questa contraddizione oggettiva un’eventuale aggregazione sovracomunale di soggetti politici autenticamente civici può essere in grado, se lo vuole, di giocare un ruolo più incisivo in uno spirito più autonomo. Almeno per quanto riguarda le pressioni di natura economica e politica.

Occorre inoltre ricordare una peculiarità dell’ambito locale tipica soprattutto delle piccole città dette “di provincia”. Qui lo “specifico” politico (ovvero i “naturali e inevitabili” indirizzi ideologici e politici) si stempera nell’approccio alle singole scelte amministrative, che in essenza non si sottraggono alla sfera della politica ma esigono che essa interpreti le loro specificità.

Le liste civiche non possono dunque essere tutte uguali, né possono pretendere di sottrarsi o di estraniarsi surrettiziamente dal “discorso” politico. Men che meno richiamandosi al feticcio di un astratto e apolitico “bene comune”, unico e uguale per tutti e per tutto. I cittadini sono uguali nei diritti fondamentali ma non nelle loro condizioni, nei bisogni, negli interessi, aspirazioni e mentalità.

Né esiste un’unica soluzione possibile per ogni singolo problema: ogni decisione, ogni scelta (e ogni non-scelta) ha conseguenze e ricadute specifiche e diverse sui diversi strati della popolazione, sugli ambiti diversi del territorio-ambiente in cui la popolazione vive e sulle relative fragilità, sugli assetti esistenti e le aspettative per il futuro. Insomma ogni singola scelta contiene e manifesta, a suo modo, un indirizzo politico.

Allora gli orientamenti e le convinzioni politiche che motivano il gruppo civico e i suoi aderenti -nessuno arriva “vergine” all’impegno nella polis- si riconoscono, si misurano e si confermano sì nella relazione reciproca, ma devono ben presto modularsi e trovare applicazione nella complessa concretezza dei problemi della città, devono affinarsi nel confronto/scontro democratico con i bisogni, con i poteri, gli equilibri, gli interessi diversi, le normative, le inefficienze e le disuguaglianze. Per andare nella direzione di eliminare le storture, accrescere le opportunità, combattere gli squilibri, scongiurare i rischi ambientali.

Cosicché l’indirizzo politico della lista civica è anche il risultato di un comune percorso concreto, di molteplici relazioni, di un’analisi, spesso di una prassi e talora di una lotta, e non solo la somma delle preesistenti convinzioni dei singoli nell’algebra delle affinità e delle differenze reciproche.

La lista civica apartitica non è dunque un soggetto apolitico. Tutt’altro. Lo dimostrano fra l’altro i rapporti che le realtà civiche stringono con i partiti che sentono più affini, dando spesso vita a buone alleanze e a coalizioni meglio articolate nella società locale. E può succedere che siano proprio i partiti a cogliere per primi il vantaggio -non solo elettorale- di simili aggregazioni.

Mogliano ha visto nascere, trasformarsi, governare, scomparire, unirsi e dividersi le esperienze civiche più diverse, evidenziando come la dinamica tra continuità e rinnovamento e la dialettica tra autonomia e collaborazione politica siano tra le sfide più ardue che il soggetto politico civico è chiamato ad affrontare.

1 COMMENT

  1. La crisi dei partiti e della democrazia rappresentativa assolutamente in continuo progresso dovranno trovare una soluzione, senza buttar via il bambino, la democrazia con l’acqua sporca del nazionalismo, la violenza, un uomo(o donna) solo al comando. Quale sarà questa soluzione, se avrò vita per vederne i primi passi mi interessa. Di molte cose fatte o non fatte mi sono pentito, mai di aver sostenuto le mie idee, per quanto bizzarre potessero apparire ciao, grazie, continua se è possibile a farmi arrivare il DIARIO Ciao. Vittorio

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